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Le comunità che vivono all’interno dei parchi naturali sono spesso riluttanti ad accettare i vincoli che essi pongono. Manifestano preoccupazioni economiche o relative ai limiti posti all’iniziativa individuale o per i danni provocati dagli animali. Ma, a livello profondo, sembra esserci un’antica insofferenza nei confronti della vita spontanea e improduttiva, soprattutto quando si spendono soldi per farla rimanere tale. Gli enti che gestiscono i parchi si preoccupano di questi dissensi e organizzano incontri nei quali ottimi tecnici spiegano alla popolazione, con termini scientificamente corretti, l’importanza del parco. Tuttavia molte volte i risultati sono scarsi. Forse perché il rifiuto del parco avviene sul piano simbolico. Il parco rappresenta la vita spontanea e improduttiva, il luogo dove si compiono azioni ritenute marginali e improduttive dall’ordine dei valori dominante, come: aspettare, restare in silenzio, sorprendersi, vagabondare, chiedere ospitalità. Però è proprio per mezzo di azioni come queste che le comunità umane possono ritrovare punti di contatto con la vita spontanea che i parchi proteggono. I parchi sono palcoscenici originari, boschi sacri, luoghi mitici in cui noi conserviamo e proteggiamo oltre alla natura anche le radici della nostra cultura. Nei parchi, tra le comunità che ci vivono, si può ancora immaginare un avvenimento mitico, un evento capace di mettere in moto una piccola ri-evoluzione, il cui eroe culturale non sia più il gigante che trasforma la natura, ma il vagabondo che è consapevole di essere la natura. Una mattina due uomini appaiono nella piazza principale del paese. Vi hanno trascorso la notte, riparandosi dal freddo con giornali e cartoni. Vestono vecchie divise che ricordano quelle dei guardaparco. Aspettano che un buon numero di persone li noti, poi si mettono a camminare per le vie del paese e sostano davanti ai luoghi più frequentati. Osservano e ascoltano. Nel corso di alcune giornate riusciranno a tessere la tela mitica della comunità di cui sono ospiti, e tale identità sarà infine rappresentata in un evento conclusivo. 


Progetto e indicazioni drammaturgiche: Paolo Pagliani - Coordinamento artistico: Paolo Pagliani e Silvio Panini - Costumi: Creazioni teatrali Nostra Dea - Interpreti: Paolo Pagliani, Cesare Panini - Musicista: Stefano Zorzanello. 


L’intero progetto si basa sull’effetto sorpresa sulla popolazione di un piccolo villaggio, che deve essere assolutamente ignara della ‘messinscena’. Ha la durata minima di una settimana per i due/tre personaggi misteriosi e di alcune ore per l’evento finale che coinvolga altro personale artistico. È necessario prevedere personale e risorse per la documentazione, fondamentale per la riuscita del progetto. 


Anno di produzione: 2001. Il progetto è stato realizzato in forma sperimentale nel paese di Collestatte (Terni) nel corso della Festa delle Acque di Piediluco dal 17 al 22 giugno 2001, grazie ad un finanziamento del Comune di Terni.